In quanto “essenza”, profumo specifico di quella pianta o di quella parte del vegetale, gli oli essenziali rappresentano un’informazione particolare che per via nasale, attraverso un complesso meccanismo di trasduzione olfattiva che avviene nelle ciglia dei neuroni olfattivi, arrivano direttamente nel cervello e più precisamente a livello della struttura limbica, complessa formazione nervosa del cervello rettiliano, che presiede alle attività istintive e primitive con una serie di risposte regolate dal sistema neurovegetativo simpatico o parasimpatico.
L'essenza pertanto rappresenta in un certo senso la "personalità" della pianta, la sua carta di identità che, in quanto essere vivente, porta in se l'impronta del vegetale da cui proviene e che sarà unica e irripetibile. Sul piano della biologia relazionale essa rappresenta una informazione circolante di primaria importanza e di grande rilevanza. Infatti le molecole aromatiche grazie alla loro volatilità, attirano o respingono amici/nemici che permetteranno la sopravvivenza del vegetale stesso. Ormai e chiaro che gli oli essenziali sono prodotti dalla pianta allo scopo di difendersi dai suoi nemici e/o per attirare gli amici utili al suo ciclo vitale.
Tutto ciò in un’ottica di vita integrata, di relazione ampia in un ecosistema generale. Altre volte infatti si e visto che queste stesse sostanze hanno un’azione inibitoria sullo sviluppo di altre piante che potrebbero competere per il territorio o altro. Insomma pur facendo parte di un metabolita secondario, l’olio essenziale e di fondamentale importanza per la sopravvivenza del vegetale. A partire da questa informazione olfattiva, sono stati condotti degli esperimenti sulle api giovani condizionate dall’odore di geraniolo le quali, una volta rimesse in libertà, sono state attirate prevalentemente da vegetali che producevano questa sostanza. In altri esperimenti poi, si e visto che api allevate in assenza di odore presentavano una atrofia del sistema nervoso.
Da cio l’importanza delle relazioni esistenti tra connessioni cerebrali delle aree olfattive, mnesiche e affettive (Franchomme P.).
Con gli oli essenziali possiamo senz’altro dire che ci troviamo di fronte ad un nuovo paradigma: struttura molecolare materiale-energia bioelettronica-informazione psiconeurovegetativa. L’interfaccia informazionale, cioè l’olio essenziale, attrattivo o repulsivo che sia, combinata all’attività energetica e all’azione molecolare, costituisce un eccellente metodo di regolazione delle relazioni dell’individuo con il suo ambiente esterno ed interno, tanto nell’uomo, quanto negli animali in generale e nella pianta stessa.
Nell’uomo la comunicazione chimica (olfattiva) ha molta rilevanza in diverse aree del comportamento umano: in effetti il nostro odore corporeo riflette il nostro stato fisiologico e metabolico interno, la nostra dieta, il nostro sesso, la fase riproduttiva e lo stato della nostra salute (le malattie ci fanno produrre odori caratteristici). Il neonato stesso trae molte informazioni su ciò che lo circonda proprio dall'olfatto. Si potrebbe dire che l’uomo nasce con il suo naso e si sviluppa attraverso il suo naso.
A poche ore di vita infatti può differenziare stimoli olfattivi quali: anice, rosa, petrolio, alcol ed elaborare ricordi di tipo odoroso. Il fatto di poter distinguere gli odori e importante perché lo aiuta ad orientarsi verso la fonte di cibo, e lo aiuta a creare le prime forme di interazione sociale, in particolare nella formazione del legame di attaccamento con la madre.
Un neonato di due settimane, nutrito con il biberon, si orienterà verso l’odore del seno di una donna che allatta, piuttosto che verso di quello di una donna che non allatta. La donna che allatta, infatti, emana stimoli olfattivi accattivanti per un neonato che viene allattato artificialmente. Inoltre, a sei giorni il neonato preferisce il tampone impregnato dell’odore del seno materno piuttosto che un tampone impregnato dell’odore del seno di un’altra nutrice.
Nell’età adulta questi indici sono spesso quelli che determinano le nostre scelte di frequentazione sociali e soprattutto le nostre scelte riproduttive (scelta dei partner). Per tutti i mammiferi l’odore dei parenti stretti e inibitorio della funzione riproduttiva.
Questo odore (feromone) corporeo “di famiglia” include la produzione di odori controllati dal gene MHC, che ci fa produrre un profumo che comunica olfattivamente agli altri il patrimonio immunitario che abbiamo ereditato. Sappiamo poi che “gli animali utilizzano” questa “chimica olfattiva” per comunicare tra di loro le proprie necessita sessuali, con trasmissioni di particelle che si liberano nell'aria, le quali una volta assorbite determinano lo stimolo all'accoppiamento o la difesa del territorio. In effetti il processo di riproduzione e un vero duetto di comunicazione olfattiva che inizia con la femmina che pubblicizza con il proprio odore la sua disponibilità all’accoppiamento ed il suo stato di ovulazione, stimolando sia il comportamento sessuale del maschio che la sua produzione di sperma. Il comportamento sessuale del maschio comprende a sua volta la produzione di feromoni che hanno le funzioni di comunicare alla femmina informazioni che la aiuteranno nella scelta del partner: stato di salute, maturità sessuale, compatibilità genetica ed anche il rango nella gerarchia sociale del gruppo. Spesso i maschi dominanti producono un feromone che li identifica come tali e non e detto che questo, in una certa misura, non sia il caso anche nella specie umana. Il feromone del maschio dominante e prediletto dalle femmine e, in alcune specie, agisce anche sugli altri maschi del gruppo inibendo il loro comportamento sessuale.